Car* amic*, compagn*, persone in movimento verso una
società diversa,
da ieri sera a casa nostra è
tornata la luce e siamo finalmente di nuovo collegati col mondo. Incredibile
assaggiare per un giorno il gusto amaro della privazione, dell’isolamento,
toccare anche se solo un poco con mano quello che ci raccontavano i nostri padri
in tempo di guerra quando non c’era luce, acqua calda, riscaldamento.
E’
una strana esperienza che ci fa sentire subito la nostra inadeguatezza e
incapacità di sostare nel vuoto, nello spazio nudo e austero che rimane quando
le luci sfavillanti del benessere si spengono. E la vita ritorna d’improvviso
essenziale e tremendamente ancorata alle cose di fondo, reali. Restiamo noi, con
le nostre paure e fragilità; restano le persone e le relazioni, le telefonate
degli amici che vogliono solo sapere se stai bene; resta nitido, ingovernabile e
puro come solo nei momenti di sofferenza e verità il senso di rabbia e il
bisogno di giustizia.
La crisi è arrivata ad un punto talmente profondo e
strutturale che non è più possibile sottrarre lo sguardo dalle disastrose
conseguenze e dalla responsabilità di tutti. Dei politici che hanno governato il
nostro territorio compiacendo e assecondando le richieste dei poteri forti
orientati solo al profitto per sé e a breve termine. Degli imprenditori che
hanno trattato le comunità e la politica come un limone da spremere per ottenere
la libertà di agire indisturbati in nome della competitività e del mercato.
Della Chiesa con la C maiuscola che ha scelto di frequentare i salotti dei forti
riservando solo carità pelosa agli ultimi, inutili per il mercato. Delle banche
che hanno lucrato sul debito e sui paradisi fiscali consentendo alle imprese di
spostare capitali e profitti al sicuro. Delle massonerie e degli ordini segreti
che raccolgono adepti in tutti le categorie precedenti e governano
sotterraneamente la cosa pubblica. Dei cittadini che hanno lasciato che tutto
ciò accadesse, sedotti dal consumismo e ricattati in nome del lavoro.
Adesso tocca veramente a noi.Tocca fare un passo avanti tutti insieme,
mettendo da parte i particolarismi, per costruirla davvero questa società
biodiversa, equa, ecologica, capace di futuro. Non bastano più le fiere, le
buone pratiche e le testimonianze, le pur importanti iniziative che ciascuno di
noi lodevolmente porta avanti per dare senso alla parola cambiamento. Dobbiamo
crederci nel cambiamento al punto da diventare insieme il cambiamento che
vogliamo.
Non possiamo più delegare in alcun modo a questa politica
asfittica, miope e irresponsabile il compito di interpretare le nostre istanze e
nemmeno lasciare che ciò venga strumentalizzato e neutralizzato
dall’antipolitica. Dobbiamo osare di più, tentando di costruire una massa
critica persuasiva, intelligente e creativa intorno ad alcune priorità
fondamentali da fare entrare nelle agende politiche: la difesa dei beni comuni,
le soluzioni alternative per la gestione del debito e la ristrutturazione del
welfare, le proposte per la gestione/manutenzione del territorio, l’abolizione
di tutte le grandi opere, il disinvestimento nell’industria armiera e nelle
difesa, per citarne solo alcuni.
L’altraeconomia deve farsi strada come
opzione vera, auspicabile e popolare: per i/le lavoratori/trici che perderanno
il lavoro nell’industria decotta, per le/i giovani che non lo troveranno mai,
per gli/le artigiani/e che potranno tornare a fare il pane, i muretti a secco,
manutenzione del territorio e per le/i contadine/i che potranno tornare a
presidiare saggiamente le nostre terre e garantirci sovranità alimentare.
Dobbiamo pretendere un’altra politica, dobbiamo farla un’altra politica,
dobbiamo riuscire a sostare insieme efficacemente su quella soglia difficile e
rischiosa rappresentata dall’intersezione fra critica radicale e governo della
cosa pubblica.
Se non ora, quando?
Un abbraccio
Deborah Lucchetti
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